
TIC: UN TERMINE
CAVALLERESCO
ETIMOLOGIA
Il termine "tic", appare avere un'origine onomatopeica. "Tic" rievoca infatti il rumore di uno schiocco secco.
Un nome che ha cominciato la sua carriera in medicina veterinaria.
Infatti già agli albori del 1600 il termine "ticq" ovvero "ticquet" si riferiva a un fenomeno osservabile in taluni cavalli, consistente in un improvviso arresto del respiro con emissione di un 'rumore bizzarro'. Nel cavallo veniva differenziato lo "spasmo de lo tic mortale" (conseguente a tetano), dal tic vero e proprio, dovuto alla soppressione del respiro osservabile quando l'animale si attacca coi denti alla mangiatoia o alla cavezza, producendo un tipico rumore sul materiale resistente, legno o metallo.
Il fenomeno era talmente importante che De Solleysel, nel 1664, pubblicò un volume in cui vengono dettagliati i "consigli per gli acquisti" da seguire al momento della compera di un cavallo : infatti il tic costituiva un difetto tanto grave che, una volta scoperto dal nuovo acquirente, faceva annullare il contratto di vendita.
L'Autore suggeriva: "Prima di concludere l'acquisto di un cavallo occorre notare se non sia ticcoso, cioè se non presenti tic. Lo si potrà vedere dal fatto se avrà i denti di sopra e di sotto usurati, ma meglio sarà osservarlo mentre mangia, poiché appoggia l'apice dei denti contro la mangiatoia, e produce come un'eruttazione ; questo si chiama tic ; e per molti versi non vorrei un cavallo come questo, cioè con tale difetto. Prima di tutto il cavallo ticcoso, mangiando, perde una parte della sua avena. In secondo luogo, a forza di avere tic, si riempie il corpo di aria, che spesso gli causa malessere fino a farlo morire. In terzo luogo, diviene magro e non lo si può fare ingrassare, perché ordinariamente ha le viscere strette ; ed infine questa malattia non si diffonde per contagio, ma i cavalli, soprattutto più giovani, imparano questo imitandosi l'uno dopo l'altro".
Nella letteratura medica, all'inizio del XVIII secolo, il termine tic inizia però ad essere impiegato pure per l'uomo, conservando lo stesso descrittivo significato di "movimento vizioso spiacevole e sgraziato". E' da notare come molti animali selvatici, tenuti in cattività, presentino tic : sono tic il ciondolio della testa degli elefanti, il passeggiare nervosamente in cerchio di leoni e tigri e così via ; ma anche gli animali domestici possono esserne colpiti.
Nel XVIII secolo il termine tic fa la sua apparizione nelle opere letterarie. Nella commedia di Dancourt "Il Giardiniere galante", rappresentata nel 1704, si legge : "...Il signor Caton è certamente il più brutto mastino, il più disgraziato mortale, con il suo tic e con la sua balbuzie".
Voltaire rimproverava a Molière di avere una specie di tic, una sorta di suono gutturale simile al singhiozzo, definito in francese "hoquet".
Ne "La vita di Molière" di Grimarest, edita nel 1705, si legge che "agli inizi, in provincia, Molière appariva cattivo commediante a molte persone... Forse a causa di un hoquet, o tic alla gola, la sua mimica risultava spiacevole a coloro che non lo conoscessero già...".
Di Pietro il Grande, il cui sguardo era spesso truce e grave, Daugeau, suo biografo, scriveva (1718) a proposito dei suoi improvvisi strabuzzamenti d'occhi : "Non è affatto vero che lo Zar sia stato avvelenato nella sua infanzia. Il tic che ha non proviene da ciò : si tratta di un fenomeno naturale" e più avanti il biografo continua : "...lo sguardo maestoso e pieno di grazia, se non severo e crucciato, cambiava con un tic, che non appariva spesso, ma che gli sfigurava gli occhi e tutta la fisionomia, e che provocava spavento. Questo (sbarrare gli occhi) durava un attimo, dandogli sguardo smarrito e terribile per poi cessare".
Il termine tic quindi nasce da un suono e rende l'idea della ripetizione, ovvero dello schiocco secco. Lo stesso effetto lo si ritrova nel "tic-tac" che descrive il ripetitivo 'verso' degli orologi. E ben si spiega come tutte le lingue impieghino dei termini onomatopeici per indicare questo difetto.
Nei dialetti tedeschi le parole in uso sono : zuchen, ziehen, zugen, tucken, ticken, tick. Gli inglesi lo definiscono con tick o tugg. In italiano si potrebbe dire ticchio o ticco. Tico in spagnolo ; ticq, tique, oppure ancora tic, in francese.